Cheriach Re
Interviste

Puchukay: il mantra in musica di Cheriach Re

Cheriach Re fonde le sue origini musicali in “canzoni tendenti al malinconico”. Valeria Rossi – questo il vero nome della cantautrice comasca – ha fatto da poco uscire Puchukay, il singolo che anticipa il suo nuovo EP. Noi l’abbiamo incontrata in occasione della pubblicazione di quest’ultima canzone in attesa quindi di Radici, che uscirà poi in primavera. Così ci ha raccontato tutto sulla sua musica e sul suo mondo… Ecco che cosa ci ha detto!

Iniziamo con una breve presentazione: chi è Cheriach Re? E come mai questo nome d’arte così particolare? Cosa significa?

Cheriach Re è un progetto cantautorale. Le mie canzoni sono tendenti al malinconico ma lasciano sempre un briciolo di confidenzialità e quindi mi piace pensare che non siano malinconiche negative, ma lasciano sempre qualcosa di positivo. Ho iniziato a suonare nel 2018 cercando di portare le mie canzoni in giro. Poi ho iniziato a registrare e dai brani voce e chitarra ho capito che la mia strada poteva essere quella dell’indie folk che emerge in particolare con le canzoni del nuovo EP. Cheriach Re nasce perché io all’anagrafe mi chiamo Valeria Rossi: purtroppo come nome cantautorale era già stato utilizzato. Ho quindi cercato qualcosa di più personale. Ho deciso di unire i cognomi delle mie due nonne Cheriach (nonna paterna) e Re (nonna materna) così da poter omaggiare le radici della mia famiglia.

Hai creato con altre cantautrici il collettivo Canta fino a dieci. Ci spieghi di cosa si tratta e quali sono, secondo te, le mosse giuste per provare a ridurre il gender gap nell’industria musicale?

Canta fino a dieci è un collettivo di cantautrici nato nel 2021 e fondato insieme a Irene Buselli, Francamente, Anna Castiglia e Rossana De Pace. Quando ci siamo conosciute, ci siamo rese conto di avere tutte il desiderio di abbattere gli stereotipi della donna nel mondo musicale. Per farlo abbiamo deciso di unirci e creare questo collettivo con il quale ci impegniamo, attraverso diverse modalità, ad affrontare questa tematica. Il modo giusto non so quale possa essere, probabilmente se si fosse trovato sarebbe già risolto il problema. Una buona strada è però quella di continuare a parlarne, soprattutto continuare a fare squadra tra cantautrici e musiciste.

Come mai hai deciso di iniziare il tuo percorso con Nel nulla?

Nel nulla parla di una relazione finita. È un brano nato di getto che ha acceso il mio desiderio di registrare. Questo perché probabilmente gli altri pezzi avendoli suonati tanto live non riuscivo a immaginarli diversi da voce e chitarra. Quando ho scritto questa canzone me la sono immaginata subito in un certo modo e allora sono andata immediatamente in studio a registrarlo. Ma è stata una scelta molto casuale.

Non hai mai avuto paura che usare la lingua indigena sudamericana nel tuo nuovo singolo potesse farlo risultare in qualche modo “difficile”?

No. Perché per quanto sia una parola incomprensibile e quando uno l’ascolta non capisce, allo stesso tempo è molto musicale ed è molto facile da ripetere. Questa parola a me sembra molto simile a una melodia e quindi alla portata di tutti. Quello molto più complicato è Cheriach Re.

Il Sud America ritorna spesso nel tuo stile e nella tua musica. Come mai? Qual è il tuo rapporto con questa terra?

La mia idea iniziale era quella di portare la mia origine all’interno dei brani. Ad ora sono riuscita a farlo in modo più evidente con il lato materno: mia madre è nata in Ecuador e mi ha trasmesso quel legame molto forte con questa terra. Per questo mi è sembrato molto più naturale riportarlo nelle canzoni. Più difficile è la parte paterna, quella croata, che non sono ancora riuscita a inserire nella mia musica.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo nuovo EP? Che sorprese ci stai riservando?

Spero ci siano delle canzoni che possano fare compagnia. Io quando ascolto la musica cerco sempre supporto nelle canzoni e compagnia. Spero che i miei brani possano essere delle buone compagne di viaggio per chi le ascolterà.

Invece cosa puoi anticiparci di La Rochelle?

Posso anticipare che si tratta di un brano malinconico andante. Ho iniziato a scriverlo tantissimi anni fa, nel 2018. Si tratta del brano a cui ho lavorato con Colombre al Reset Festival. Quella canzone quindi prima era una cosa, al Reset è diventata un’altra cosa e in studio è cambiata ancora. È una canzone che parla del desiderio di cercare tranquillità e tornare a se stessi dopo che si è stati in un ambiente asfissiante. È una fuga dalle dinamiche performative della città. Si tratta di un brano che parla di ritrovare i propri spazi e i propri ritmi.

Ti abbiamo vista esibirti dal vivo ormai un po’ di volte e a marzo farai un live con Daniele Celona. Com’è nata questa collaborazione e come ti approcci alle esibizioni?

Conosco Daniele Celona da diverso tempo: è capitato diverse volte di suonarci insieme tra Milano e la Brianza. Sono stata in studio da lui per la registrazione delle batterie del mio nuovo EP, è stata una sua proposta e io sono stata molto felice di dirgli di sì. Ai live mi approccio con molta ansia e voglia di far sentire le mie canzoni.

Ti piacerebbe un giorno provare a partecipare a un talent show e/o a Sanremo? Che cosa ne pensi di questo tipo di vetrina?

Da un lato mi piacerebbe: penso che diano un certo tipo di visibilità che oggi è difficile avere. Dall’altro lato non penso che riuscirei a reggere la pressione televisiva, penso che impazzirei e questa cosa mi frena tanto. Poi il talent è diverso da Sanremo. Il secondo è un palco di un certo tipo che dura sette giorni, mentre il primo dura molto di più e poi sei sotto le telecamere per tutto il tempo e devi per forza raccontare la tua vita. È una pressione che non riuscirei mai a sostenere.

Se dovessi descrivere il tuo nuovo singolo Puchukay con una sola parola, quale sceglieresti e perché?

Un mantra delizioso perché è una canzone che – per quanto ha parole che sembrano un po’ strane – rimangono molto in testa.